martedì 12 agosto 2008

Due serafini proclamavano a vicenda...


Santo, santo, santo il Signore Dio degli eserciti.


In questa vetrata – il dettaglio centrale del rosone della famosa Sainte Chapelle, a Parigi - contempliamo il Cristo dell'Apocalisse. Portare il gladio in bocca è un simbolo del combattente, del cavaliere, di colui che lotta. Qui è presente l'idea della battaglia. Ossia l'idea che Egli vincerà e lancerà  all'inferno i nemici impenitenti. È la glorificazione della giustizia di Dio. Si tratta di una visione di S. Giovanni Evangelista nell’Apocalisse (1,16 e 19,15). Quindi è una scena ispirata.

Se cercassimo, nelle chiese che conosciamo, un’immagine che rappresenta Nostro Signore con il gladio in bocca, credo che non la troveremmo. Penso che molti fedeli non sarebbero capaci di pregare davanti a questa figura. Eppure se noi possedessimo una rappresentazione di queste, io cercherei un luogo per esporla in una Sede della TFP.

Noi adoriamo tutte le manifestazioni della divina mansuetudine di Nostro Signore Gesù Cristo. Ma nel Divino Redentore non vi è soltanto mansuetudine, vi è pure la forza. La forza gladifera, che porta il gladio, la giustizia e la santa collera. E siccome Nostro Signore è perfetto, adoriamo in Lui anche tutto questo. E non Lo adoriamo meno che nella sua mansuetudine divina.

Si vede quindi, in questa effigie, ciò che mi immagino in qualche chiesa del futuro, quando la Civiltà Cristiana sarà restaurata: un'immagine di questo tipo o un'immensa vetrata, rappresentando così l'Uomo-Dio. Esposta alla devozione dei fedeli, per essere oggetto di preghiera e di suppliche.

Che cosa chiedere? Il timor di Dio, implorandoGli il timore dell'inferno, a cui Egli accenna in questa raffigurazione. Chiedere l'orrore del peccato, per paura delle pene dell'inferno.

È il primo passo per poi amare interamente Dio.

Plinio Corrêa de Oliveira

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