lunedì 18 agosto 2008

Eutanasia... e aborto

Per un corretto giudizio morale...

Eutanasia

All'altro capo dell'esistenza, l'uomo si trova posto di fronte al mistero della morte. Oggi, in seguito ai progressi della medicina e in un contesto culturale spesso chiuso alla trascendenza, l'esperienza del morire si presenta con alcune caratteristiche nuove. Infatti, quando prevale la tendenza ad apprezzare la vita solo nella misura in cui porta piacere e benessere, la sofferenza appare come uno scacco insopportabile, di cui occorre liberarsi ad ogni costo. La morte, considerata «assurda» se interrompe improvvisamente una vita ancora aperta a un futuro ricco di possibili esperienze interessanti, diventa invece una «liberazione rivendicata» quando l'esistenza è ritenuta ormai priva di senso perché immersa nel dolore e inesorabilmente votata ad un'ulteriore più acuta sofferenza.

Inoltre, rifiutando o dimenticando il suo fondamentale rapporto con Dio, l'uomo pensa di essere criterio e norma a se stesso e ritiene di avere il diritto di chiedere anche alla società di garantirgli possibilità e modi di decidere della propria vita in piena e totale autonomia. (…)

In un tale contesto si fa sempre più forte la tentazione dell'eutanasia, cioè di impadronirsi della morte, procurandola in anticipo e ponendo così fine «dolcemente» alla vita propria o altrui. In realtà, ciò che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondità si presenta assurdo e disumano. Siamo qui di fronte a uno dei sintomi più allarmanti della «cultura di morte», che avanza soprattutto nelle società del benessere, caratterizzate da una mentalità efficientistica che fa apparire troppo oneroso e insopportabile il numero crescente delle persone anziane e debilitate. Esse vengono molto spesso isolate dalla famiglia e dalla società, organizzate quasi esclusivamente sulla base di criteri di efficienza produttiva, secondo i quali una vita irrimediabilmente inabile non ha più alcun valore.

Per un corretto giudizio morale sull'eutanasia, occorre innanzitutto chiaramente definirla. Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un'azione o un'omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. (…) Da essa va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto «accanimento terapeutico», ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza «rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi».

(Dall’Enciclica Evangelium vitae, di S.S. Giovanni Paolo II)


…e aborto

Ravviviamo la memoria: dal Catechismo della Chiesa Cattolica...

2271 Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale: Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita (…) Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti (…).

2272 La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. “Chi procura l'aborto, ottenendo l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae” [Codice di Diritto Canonico, 1398] “per il fatto stesso d'aver commesso il delitto” [Codice di Diritto Canonico, 1398] e alle condizioni previste dal Diritto [Cf ibid., 1323-1324]. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

2273 Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione: “I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare. . . il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III]. “Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto... Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

2274 L'embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano. La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se “rispetta la vita e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale. . . Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi... non deve equivalere a una sentenza di morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

2275 “Si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

“È immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

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