mercoledì 13 maggio 2009

Spunti per una meditazione nel 92° anniversario dell'apparizione della Madonna a Fatima

Della prefazione del professor Plinio Corrêa de Oliveira alla prima edizione nordamericana – uscita a New York nei primi mesi del 1985 – dell’opera "Fatima, messaggio di tragedia o di speranza?" di Antonio A. Borelli.
(…) Il messaggio [della Madonna a Fatima] parla degli "errori della Russia" – il comunismo – e indica il mezzo attraverso il quale la sua diffusione può essere evitata. Infatti, esso indica nel comunismo il grande castigo al quale l’umanità è esposta in ragione del decadimento religioso e morale dei popoli. Pertanto esso appare chiaramente come un flagello della Provvidenza per castigare i popoli, e specialmente quelli dell’Occidente. E gli uomini possono evitare questo flagello se si emendano dalla irreligiosità e dalla immoralità in cui sono impantanati, tornino a professare la vera fede e alla pratica effettiva della morale cristiana.
In termini più precisi, perché fosse compiuta la volontà della Madonna, non sarebbe bastato – secondo il messaggio – un grande numero di conversioni personali. Era necessario che le diverse nazioni, ciascuna come un tutto, principalmente quelle dell’Occidente – a suo modo anch’esso così devastato dalla irreligione e dalla immoralità – ritornassero ala professione della vera fede e alla pratica dei perenni precetti morali del Vangelo.
Quindi, il messaggio non si limita a segnalare il pericolo, ma indica il modo per ovviare a esso. Questo modo non consiste nel morire, e ancora meno nell’accettare di diventare comunista: consiste nel seguire la volontà di Dio e nell’ottemperare al messaggio della Madre di Dio e di tutti noi. (…)
Ma il messaggio va ancora più avanti: ammonisce che se questo non sarà fatto, la giustizia di Dio non tratterrà più il castigo imminente: "Se si ascolteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e si avrà pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate; infine, il mio Cuore Immacolato trionferà".

Importa notare che il messaggio non afferma che, una volta adempiuto quanto la Regina del Cielo e della Terra desidera per placare la collera di Dio, il flagello del comunismo sarà allontanato dal mondo senza lotta, almeno incruenta. Esso lascia piuttosto intravedere mirabili interventi della Provvidenza negli accadimenti umani, che assicurino la vittoria sul flagello comunista.

Ma, nello stesso tempo, lascia aperta la porta alla ipotesi che gli uomini debbano dare il loro contributo in questa lotta, partecipando anche loro, eroicamente, alle grandi battaglie nelle quali l’aiuto sovrano e decisivo della Vergine otterrà la vittoria.

Infatti, il messaggio esclude l’ipotesi di una vittoria definitiva del comunismo: se gli uomini risponderanno all’appello della Vergine, il comunismo sarà vinto senza castigo per loro; se non risponderanno a questo appello, il comunismo colpirà gli uomini come un flagello, ma finirà ugualmente per essere vinto.

Nell’una o nell’altra ipotesi la vittoria sarà della Madre di Dio.

Si deve notare che, nella prospettiva di Fatima, non sono principalmente gli armamenti, per quanto potenti siano, a evitare il castigo. La dissuasione eventualmente ottenuta con l’armamento delle nazioni dell’Occidente può essere un mezzo legittimo e necessario per prevenire la guerra e, quindi, per conseguire il prolungarsi della pace.

Tuttavia, l’espansione del comunismo è descritta dalla Madonna come una punizione derivante dai peccati degli uomini; e questa punizione non sarà evitata se gli uomini non si convertiranno.

Piuttosto può succedere che uno dei mezzi attraverso i quali il castigo si abbatta sugli uomini impenitenti venga a essere una avversione assoluta agli armamenti, di carattere puramente emotivo, e quindi imprevidente, che stimoli ogni sorta di aggressioni e di attacchi da parte di un avversario sempre più armato.

Tuttavia – lo si noti bene – il modo preferito dalla Provvidenza per fare cessare il flagello comunista non consiste assolutamente in una guerra: consiste nella emendazione degli uomini, nel compimento di quanto il messaggio chiede e nella conversione della Russia.

Può darsi che la Provvidenza si voglia servire di una guerra per preparare le condizioni per una conversione della Russia, ma questo nel messaggio non è affermato. (…) La Provvidenza vuole andare più avanti, vuole convertire la Russia.

E per la conversione della Russia la Provvidenza non ha bisogno di una guerra. Nella ipotesi di una conversione dell’Occidente, sembra più probabile che la Provvidenza preferisca realizzarla attraverso mezzi pacifici, persuasivi, religiosi. Evidentemente il messaggio promette la conversione della Russia alla religione cattolica, con la conseguente posizione fermamente anticomunista che la gerarchia cattolica assumeva in modo compatto al tempo in cui il messaggio di Fatima è stato dato agli uomini [nel 1917].


Fatima non ci parla della Cina, del Vietnam, della Cambogia, né della disgrazia degli altri popoli sotto il giogo comunista. Ma ovviamente la Madonna, che così mirabilmente avrà protetto un Occidente convertito, non permetterà che queste grandi e disgraziate nazioni rimangano ai margini della effusione di grazie che convertiranno l’Occidente e la Russia con i suoi satelliti, dal momento che questi non potranno restare in regime comunista all’interno di una Europa convertita.
Anche per gli altri popoli, per le nazioni non menzionate nelle rivelazioni di Fatima, la virtù della speranza cristiana ci offre – direi, ci impone – la certezza che verranno a essi forniti i mezzi per spezzare i propri ceppi, così come per conoscere e praticare la vera fede. (…)


La dottrina cattolica mostra che, a causa dell’infelice dinamismo della natura umana decaduta in conseguenza del peccato originale, come per l’operato del demonio e dei suoi agenti terreni, nella misura in cui l’uomo si allontana dalla fede, tende verso un modo di essere e di agire opposto a quello che la fede insegna. Quanto maggiore è la distanza, tanto maggiori sono le trasgressioni. Qualcosa come la legge di Newton. D’altronde, l’esperienza lo conferma, e in modo molto particolare ai nostri giorni.

Qual è la scuola politica, sociale oppure economica che potrebbe evitare, senza l’aiuto della religione, la finale esplosione di una società che, spinta dal dinamismo stesso della miscredenza e della corruzione, giungesse a trasgredire totalmente i principi sui quali si fonda la Città di Dio descritta da sant’Agostino?


Se gli uomini non ritornano a questi principi salvifici, non vi è modo di evitare – per gli individui e per le società – un deterioramento globale, di natura e di proporzioni indefinibili, ma tanto più terribili quanto di maggiore durata e profondità sarà il processo di degenerazione.

Niente di più giusto del fatto che gli uomini oppure le nazioni meno colpite da questo deterioramento vogliano difendersi contro gli assalti degli uomini e delle nazioni più colpite, che a questo scopo si armino in un atteggiamento vigile, convincente e amico della pace, ma anche con un atteggiamento pronto alla legittima difesa vigorosa e vittoriosa.

Ma tali uomini, tali nazioni non riusciranno a porre fine soltanto in questo modo ai fermenti di distruzione posti nelle loro viscere dal neopaganesimo moderno che hanno ingerito.

Si tratta di una affermazione implicita in tutto il messaggio di Fatima.

Davanti a questa considerazione si coglie meglio un aspetto dei castighi: il loro carattere risanatore, rigeneratore e riordinatore. Intervenendo nel corso di un inesauribile processo di degradazione tanto individuale quanto collettivo, che espone ai maggiori rischi la salvezza di innumerevoli anime, il castigo muta la situazione, apre gli occhi degli uomini sulla gravità dei loro peccati, li eleva fino alle alte vette della contrizione e della emendazione. E, finalmente, dà loro la vera pace.

Quanti periranno, purtroppo! Ma avranno migliori possibilità di morire in grazia di Dio, come ha scritto san Pietro a proposito di quanti erano morti durante il diluvio (cfr. 1 Pt. 3, 20).

Morire, ahimé! Ma le anime nobili sanno che la morte non è necessariamente il male maggiore. Lo ha detto Giuda Maccabeo: "È meglio per noi morire in guerra che vedere i mali del nostro popolo e delle nostre cose sante" (I Mac. 3, 59).

In termini attuali, è meglio morire piuttosto che diventare rossi [comunisti].

Ma meglio ancora è vivere. Sì, vivere della vita soprannaturale della grazia su questa terra, per poi vivere eternamente nella gloria di Dio (…).

(Plinio Corrêa de Oliveira. Tratto da Cristianità, Piacenza, n. 124-125, agosto-settembre 1985)

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