sabato 26 giugno 2010

Dalle parole del vescovo-martire emerge il vero movente

"L’islam trae tutta la sua normativa dal Corano...

Il rapporto con l’islam:
credo che un dialogo a livello teologico sia impossibile.
Diventare cristiano, per un musulmano significa
regredire a uno stato inferiore.

Richiedere la reciprocità in rapporto alla libertà religiosa è un’utopia.
La potrà richiedere un islamico in un Paese cristiano, ma non l’inverso.

Concretamente, la libertà di coscienza non esiste nell’islam
e l’esercizio delle altre religioni non è libero".


Mons. Luigi Padovese

Su invito del Gruppo amici di Antiochia e del vescovo locale, Antonio Mattiazzo, mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, aveva tenuto un incontro lo scorso 12 febbraio a Padova, nel corso del quale aveva parlato della situazione della Turchia, della libertà religiosa, dei cambiamenti sociali in atto. Il tutto a pochi mesi dalla storica visita di Benedetto XVI. Il 3 giugno, si è consumato, con precisione rituale, il suo sgozzamento…

Ecco alcuni scorci della sua prolusione:

“Sono dell’avviso che dietro l’assassinio di don Andrea Santoro [ucciso il 5 febbraio 2006], dietro attentati, percosse, intimidazioni verificatisi in questi ultimi mesi contro sacerdoti e religiosi cattolici, ci siano sostenitori del binomio «buon turco uguale musulmano sunnita». […] Non va dimenticato che, a proposito di don Andrea Santoro, l’accusa del tutto infondata comparsa su alcuni giornali era che desse denaro per convertire al cristianesimo. Al riguardo, nei mesi scorsi ho dovuto assumere a tempo pieno un avvocato per ribattere a un insieme di menzogne che avvelenavano il clima nei nostri confronti. […]

“C’è inoltre un altro ambito di lavoro che ho individuato nei primi mesi della mia permanenza in Turchia: riguarda quelle famiglie passate all’islam nel secolo scorso non per convinzione, ma per sfuggire a vessazioni e a discriminazioni. La memoria dell’originaria appartenenza cristiana ha fatto sì che alcuni, i cui nonni erano cristiani, siano divenuti catecumeni e siano stati battezzati. Tenendo presente che all’est e al nord della Turchia i discendenti di antiche famiglie cristiane sono centinaia di migliaia, ritengo che il cambiamento sociale e politico in atto, per quanto lento, possa produrre in molti un ritorno alla fede dei padri. […]


“Un discorso a parte merita il rapporto con l’islam. Credo che un dialogo a livello teologico sia impossibile. […]

“Da parte nostra è però necessario conoscere alcuni aspetti del pensiero islamico per evitare facili irenismi [pacifismi ndr.]. Occorre anzitutto sapere che l’islam si considera la rivelazione ultima, più completa e più razionale. Ne consegue che quanti non la seguono sono su un piano di netta inferiorità; diventare cristiano, per un musulmano, significa regredire a uno stato inferiore. Stando così le cose, richiedere la reciprocità in rapporto alla libertà religiosa è un’utopia. La potrà richiedere un islamico in un Paese cristiano, ma non l’inverso. Concretamente la libertà di coscienza non esiste nell’islam e l’esercizio delle altre religioni non è libero, bensì tollerato.


Per ebrei e cristiani Dio ha creato l’uomo «a sua immagine e somiglianza». Per l’islam ciò appare un’assurdità, perché contrasta con la trascendenza assoluta di Dio. In effetti, questo versetto del Genesi non compare nel Corano, che pure riporta l’episodio biblico della creazione. La ragione è che Dio non può uscire dal suo isolamento. Il confine tra Dio e l’uomo rimane invalicabile con la conseguenza che il primo «è troppo trascendente per poter amare ed essere amato». […] Un’altra conseguenza riguarda il concetto di dignità dell’uomo, che per cristiani ed ebrei si fonda a partire da questa dottrina biblica di essere a immagine e somiglianza di Dio. Tanto per esemplificare, osserviamo come la lotta per il riconoscimento della dignità e libertà umana abbia trovato in ambito cristiano motivazioni e impulsi profondi a partire dalla «parentela» intrecciata da Dio con l’uomo (maschio e femmina!) e restaurata in Cristo. Le teologie che intendono liberare l’uomo dalle diverse schiavitù dei nostri giorni non trovano forse il loro fondamento ultimo nel testo del Genesi (1,26): «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza?» (cfr R. Arnaldez, Gesù nel pensiero musulmano, Paoline, Cinisello Balsamo, Mi, 1990). Non così per l’islam, che trae tutta la sua normativa dal Corano. Proprio considerando questa vicinanza tra Dio e l’uomo, mediata poi da Cristo, si capisce come l’etica cristiana primitiva si configura più come risposta nella fede a questo Dio inteso come partner che non come adeguamento a una norma. La cosa risulta tanto più chiara se si osserva che tra i 99 titoli riservati a Dio nell’islam manca quello di Padre e, dunque, manca un principio ispiratore della morale personalista cristiana”.


“C’è inoltre un altro ambito di lavoro che ho individuato
nei primi mesi della mia permanenza in Turchia:
riguarda quelle famiglie passate all’islam nel secolo scorso
non per convinzione, ma per sfuggire a vessazioni e a discriminazioni.
La memoria dell’originaria appartenenza cristiana ha fatto sì che
alcuni, i cui nonni erano cristiani, siano divenuti catecumeni e
siano stati battezzati
”.

Patrologo d’Oriente

Di origini milanesi, mons. Luigi Padovese, francescano cappuccino, è stato per lunghi anni un frequentatore appassionato della Turchia come ricercatore e docente di patrologia, nonché consultore per la Congregazione delle cause dei santi e preside della Pontificia università Antonianum di Roma. In tale veste è stato animatore di oltre venti simposi di studio su san Paolo (a Tarso) e su san Giovanni (a Efeso). Ha scritto articoli su riviste specializzate e su quotidiani. È autore di numerosi studi e di importanti volumi, tra i quali Turchia. I luoghi delle origini cristiane (1987), Lo scandalo della croce. La polemica anticristiana nei primi secoli (1988), I sacerdoti dei primi secoli (1992), Introduzione alla teologia patristica (1992), Cercatori di Dio. Sulle tracce dell’ascetismo pagano, ebraico e cristiano dei primi secoli (2002). Nominato vescovo dal novembre 2004, ricopriva l’incarico di vicario apostolico per l’Anatolia, dove aveva sostituito mons. Ruggero Franceschini, passato alla guida della diocesi di Smirne.

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