giovedì 26 maggio 2011

L'Umanesimo e il Rinascimento

Commissione di studio ispirata al pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
La storia e i suoi grandi personaggi - Capitolo XVI



Cosa significano Umanesimo e Rinascimento.

Si denomina "rinascenza" o "Rinascimento" l'insieme di trasformazioni letterarie, artistiche e scientifiche avvenute in Europa nei secoli XV e XVI, e caratterizzate dalla imitazione dei modelli pagani dell'antichità classica, cioè del mondo greco-romano.

I termini "rinascenza" e "Rinascimento" derivano dal verbo "rinascere", infatti si diceva che la cultura era morta con le invasioni barbariche e la caduta dello Impero Romano, e rinasceva solo allora, dopo mille anni. La espressione "Età Media" - che oggi noi pronunciamo con tanta venerazione- fu coniata allora dagli umanisti per designare, in modo spregiativo, i secoli a loro anteriori, dalla caduta di Roma, come un periodo meramente di intermezzo fra due ere di apogeo dell'umanità, il mondo antico e la loro stessa epoca. Il Rinascimento è, per così dire, l'espressione artistica dell'Umanesimo, movimento filosofico e culturale che fu caratterizzato dall'abbandono degli ideali medievali e dalla adozione di principi pagani della vita e del pensiero. La espressione deriva da "humanes", che significa "colto", "erudito". Ben inteso, "colti" ed "eruditi" erano solo coloro che veneravano gli autori pagani. Gli altri erano chiamati "barbari". Anche il termine "gotico" sorse nel Rinascimento, ed era impiegato spregiativamente, per indicare l'architettura medievale, che, non essendo ispirata ai modelli greco-romani, era considerata opera di barbari, di "goti". Questo movimento fu una vera rivoluzione intellettuale, e può essere considerato uno dei segni iniziali dei tempi moderni.

Origine e cause.

Il declino del medioevo fu causato da un'esplosione di orgoglio e sensualità, che generò tendenze ugualitarie progressivamente sviluppatesi nei secoli seguenti.

Nel secolo XIV comincia ad osservarsi, nell'Europa cristiana, una trasformazione di mentalità che nel corso del secolo XV diviene sempre più nitida. Alcuni esempi caratteristici illustrano bene la direzione che la società cominciava a prendere allora.   I romanzi di cavalleria presentano un ideale di cavaliere ben differente dalla concezione del guerriero cattolico, la cui figura fu immortalata nelle canzoni di gesta (poemi epici in cui erano narrati fatti di grandi guerrieri cristiani; la più famosa di esse è la "Chanson de Roland" che racconta un episodio della storia di Carlo Magno e dei Dodici Pari di Francia nella lotta contro i saraceni spagnoli). Il cavaliere dell'epoca d'oro del medioevo è un crociato. Lotta per una causa che ha sempre relazione con la Chiesa. Ciò che caratterizza il suo spirito è l'abnegazione, la rinuncia. Lotta, ma per amore della Croce.

Nel romanzo di cavalleria, il cavaliere smette di essere un idealista, per diventare un vanitoso. Si cominciano a raccontare favole assurde, di un cavaliere che con un solo colpo trapassa 5 mori come fossero 5 salsicce. E mentre all'ideale di servire la Croce si sostituisce una vuota manifestazione di forza e di coraggio, nel romanzo cavalleresco appare il sentimentalismo, incarnato dalla figura della dama romantica. Così il fine del cavaliere non è più Cristo, ma attraverso il sentimentalismo quello della sensualità. La dama romantica sostituisce la Croce. La cavalleria comincia ad essere un modo per godere la vita. Le due maggiori passioni dell'uomo, l'orgoglio e la sensualità, sono in movimento: il primo si manifesta nella vanità, nell'ostentazione della forza fine a sè stessa, nella pompa slegata dalla sacralità; il secondo, nella nascita dello spirito di cortigianeria e galanteria.

Nell'architettura si opera la stessa trasformazione. Lo stile gotico muta di aspetto. Nel secolo XIII esso è austero. Nel secolo XIV comincia a sorridere, ed appare il cosiddetto gotico "flamboyant", "fiammeggiante", che si abbellisce di fiori per ogni dove ed assume l'apparenza dei ninnoli. Si direbbe che il gotico cominci a ballare. Nello stesso tempo in cui i costumi e le istituzioni cominciano a paganizzarsi, anche l'architettura diventa allegra, giovialona.

Un nuovo stato d'animo.

È un profondo mutamento di stato d'animo nel senso dell'allontanamento da Dio. L'idea di servire Dio, di vivere per un ideale, per la Croce, va scomparendo e viene sostituita, negli strati più profondi dell'uomo, dalla preoccupazione del piacere che scaccia il senso del dovere. Il desiderio di godere la vita si scontra con le antiche istituzioni. Si annida nell'anima umana un'ardente brama di novità, di trasformazione. Questa passione disordinata, dà origine a quel fenomeno che infettò tutti i paesi cattolici: appunto il Rinascimento. Da esso derivò anche il protestantesimo.

L'ammirazione esagerata e non di rado delirante per il mondo antico, servì come veicolo di espressione per il desiderio di godere la vita. Si fece lo studio dell'antichità pagana nella sua arte e nella sua letteratura, si imitarono i modelli classici, considerati la fonte di ogni ispirazione. Si esaltò il dominio esclusivo della ragione, si diffuse l'idea che la conoscenza delle lettere antiche avrebbe reso l'umanità più civilizzata, più fortunata e felice. La scienza e l'arte tentarono di emanciparsi dall'autorità della Chiesa. Le tradizioni medievali furono sostituite dal gusto appassionato per l'antichità. L'anima pagana, disordinata e insubordinata, cercava di vincere la nozione cristiana della vita. Quando analizziamo i punti in cui il Rinascimento si discosta dalla cultura medievale, notiamo che tutti obbediscono a questo impulso: il desiderio di godere la vita.

L'Umanesimo prepara il protestantesimo.

Gli umanisti si dedicarono ardentemente alla ricerca e allo studio delle opere dell'antichità classica.

Essi collezionavano le opere antiche, cercavano di penetrarne il senso, imitavano la loro forma. Perciò studiavano appassionatamente la lingua e la letteratura antica. Con l'imitazione dello stile venne anche l'assimilazione dei principi e costumi pagani, naturalisti e sensuali, opposti alla concezione austera e sacrale di vita del medioevo. Questo movimento ebbe origine in Italia. Il primo degli umanisti è il Petrarca, comunemente chiamato il "padre dell'umanesimo". Anche il Boccaccio è un iniziatore del movimento.

Dall'umanesimo nacque il Rinascimento letterario. L'espansione dell'umanesimo portò con sé conseguenze molto importanti; infatti, gli umanisti, come si è già detto, ebbero un'ammirazione esagerata per il mondo antico, che cominciò ad essere visto come il modello di tutte le attività umane, non solo culturali, ma anche politiche e sociali. Caratteristica di questo movimento fu, inoltre, l'assenza di preoccupazioni extraterrene, oltre alla maggiore inclinazione a godere la vita: le opere degli umanisti sono segnate a fondo dalla sensualità e dallo spirito pagano e naturalista.

Il libero esame degli umanisti aprì il campo al protestantesimo: mentre alcuni di essi non giunsero a rompere con la Chiesa, altri rifiutarono la sua autorità e si predisposero così alla Pseudo-Riforma protestante o al Libero Pensiero. La grande arma usata dagli umanisti per attaccare la Chiesa fu il sarcasmo. Il più grande maestro di quest'arte fu il tristemente noto Erasmo da Rotterdam, religioso agostiniano, la cui opera più importante è l'elogio della pazzia, nella quale inveisce contro tutte le istituzioni e costumi della epoca. Erasmo ebbe relazioni con Lutero, anch'egli dell'ordine di S. Agostino. Gli umanisti costituirono anche delle associazioni segrete, e molte di esse svolsero un ruolo attivo nella Pseudo- Riforma protestante.

Il Rinascimento in Italia.

Il Rinascimento ebbe origine in Italia e da qui si espanse in tutti i paesi d'Europa. I principali centri di diffusione furono la Roma dei Papi, Firenze e Venezia. Il Rinascimento italiano si espresse dapprima nel campo dell'architettura, con il ritorno ai metodi di costruzione usati nell'arte greco-romana. Lo stile gotico fu abbandonato per tornare alle linee rette dei templi greci. L'arco acuto fu sostituito dall'arco romano e la volta dalla cupola.

L'architetto più notevole fu il Brunelleschi, che costruì la cupola della cattedrale di Firenze. Nella scultura emergono Ghiberti, autore dei bassorilievi delle porte di bronzo del Battistero della cattedrale di Firenze, e Donatello, che introdusse il nudo nella scultura rinascimentale. Ad introdurre il nudo nella pittura fu il Botticelli.

I maggiori maestri dell'arte italiana del Rinascimento furono Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Leonardo da Vinci, fiorentino, divenne celebre per i suoi dipinti "Ultima cena" e "Gioconda". Si distinse anche come scultore, poeta, musicista, filosofo, ingegnere, scienziato. Michelangelo fu famoso come pittore, scultore e architetto. I suoi dipinti più famosi sono gli undici affreschi che si trovano nella Cappella Sistina, in Vaticano, e il celebre "Giudizio universale", in fondo alla stessa Cappella. Le sue sculture più rilevanti sono il "David", il "Mosè" e la "Pietà". Egli costruì anche la cupola della cattedrale di S. Pietro in Roma. Raffaello, nativo di Urbino, divenne famoso per le sue "Madonne", ritratti e dipinti su temi religiosi. In Vaticano c'è il suo affresco la "Scuola di Atene", in cui si vedono Platone e Aristotele circondati da discepoli.

La scuola veneziana divenne famosa per i colori e la luminosità della sua pittura. I suoi pittori erano generalmente paesaggisti; in essa si distinsero Tiziano e Tintoretto. Il primo fu il pittore di Carlo V e lasciò vari ritratti di questo imperatore. Nel campo della letteratura emersero vari poemi, come la "Gerusalemme liberata" di Torquato Tasso e "L'Orlando furioso" di Ludovico Ariosto. Macchiavelli scrisse "Il principe". La sua filosofia politica si può sintetizzare nella formula "il fine giustifica i mezzi", che rappresenta l'introduzione dello spirito pragmatico e amorale nel terreno politico.

La diffusione del Rinascimento.

Una numerosa serie di fattori contribuì alla diffusione dello spirito rinascimentale dall'Italia in Europa. In grado maggiore o minore, tutti i paesi europei soffrirono l'influenza del nuovo movimento.

I personaggi più famosi del Rinascimento in Francia appartengono al campo della letteratura. Rabelais, nella sua opera "Gargantua e Pantagruel" fa una satira sulla monarchia e la vita ascetica dei cristiani. Per Montaigne, altro nome di rilievo dell'epoca, religione e morale sono prodotti della abitudine o della moda, poiché Dio non può essere conosciuto dall'uomo; egli disdegnava l'idea di una vita futura e diceva che gli uomini devono cercare di approfittare della vita terrena. La sua opera più famosa si intitola "Saggi".

In Inghilterra il maggior autore rinascimentale fu W. Shakespeare, che scrisse opere drammatiche, come "Otello", "Romeo e Giulietta", ecc., nelle quali descrive con vigore e profonda psicologia tutte le passioni e sentimenti umani. Il Rinascimento ebbe grande diffusione anche in Spagna. Nella pittura si distinguono numerosi artisti. El Greco imitò il color vivo della scuola veneziana ed espresse uno stile tenebrosamente realista. La sua opera più celebre è "La sepoltura del conte di Orgaz". Nella letteratura, il maggior volto del Rinascimento spagnolo fu Miguel de Cervantes, autore della celebre opera "Don Chisciotte della Mancia", nella quale fa una satira della cavalleria decadente della fine del medioevo.

Luis de Camoes fu, senza dubbio, il maggior autore portoghese; nelle "Lusìadas" descrive in forma magistrale la grande epopea del popolo portoghese, che partiva "per mari mai prima navigati" per "nuove cristiane avventure". Albert Durer, ritrattista e pittore di scene terrificanti, è uno dei nomi più celebri del Rinascimento tedesco. Fu un tenebroso realista. Le sue opere principali sono "Cristo crocifisso" e "Melanconia".

Anche i Paesi Bassi, Belgio e Olanda, lasciarono alcuni celebri artisti in questo periodo. Emergono i fratelli Van Dyck, autori della famosa tavola "L'adorazione dell'agnello", considerata il capolavoro della pittura fiamminga e il primo quadro dipinto ad olio.

Lo spirito del Rinascimento.

Il Rinascimento fu una vera rivoluzione. Essa fu ampia ma fatta in nome dell'arte e della cultura, nascondendo il veleno virulento che aveva nel seno e presentandosi con vesti tentatrici per gli uomini della fine del medioevo. In realtà esso fu un primo colpo sparato contro la Cristianità, e, da un certo punto di vista, anche il più carico di malizia, proprio per essere stato il primo. Fu la prima breccia nell'edificio medioevale e da essa penetrarono i germi della distruzione che generarono tutto il resto, dal protestantesimo fino al comunismo.

Aspetti rivoluzionari dello spirito rinascimentale.

Concezione esclusivista della cultura. Per i rinascimentali c'era solo una cultura: quella classica o greco-romana; era questa l'unica capace di soddisfare interamente le ansie dell'animo umano. Tutte le altre culture erano come dei dialetti rispetto alla cultura per eccellenza, quella classica. Il Rinascimento fu, quindi, il rinascere del mondo classico e della sua visione dell'universo, considerata vera in modo assoluto per tutti i tempi e tutti i luoghi.

Invece, secondo la mentalità cattolica, la cultura è l'espressione dell'anima di un popolo, delle sue convinzioni e delle condizioni in cui vive. Esiste, di fatto, un ideale di perfezione umana, ma può essere realizzato da ogni popolo con differenti modalità. Perciò, all'interno di un ideale generico di cultura, vi sono varie espressioni differenti. Dire che una cultura come quella greca, per esempio, è l'unica vera in tutti i tempi e in tutti i luoghi, costituisce un assurdo inaccettabile, ma su questo assurdo era costruito il Rinascimento.

La cultura come valore supremo. Un altro grave errore introdotto dal Rinascimento fu il fatto che, teoricamente o praticamente, i rinascimentali agivano come se la cultura fosse il valore supremo della vita. Riguardo a questa mentalità, esiste un episodio molto significativo, che avvenne in occasione dell'incoronazione solenne del Petrarca, come poeta, nel Campidoglio a Roma. In quella occasione il poeta disse che "il lavoro intellettuale sarebbe stato il suo salvatore, la sua occupazione costante e necessaria, la missione più elevata e il suo trionfo più bello".

Per il cattolico invece, quanto vi è di più elevato non è il lavoro intellettuale, bensì la fede. Il lavoro intellettuale ha il suo merito, ha un ruolo importantissimo, ma solo se considerato alla luce della fede.

Rinascita del paganesimo. Uno dei tratti più significativi del Rinascimento è un fondo di paganesimo che sorge, nasce e si impone a tutti gli spiriti. Nella pittura rinascimentale appare di frequente un carattere pagano non travestito. L'entusiasmo delirante per gli autori pagani crea negli uomini del Rinascimento un modo di esprimersi che, col pretesto di essere completamente classico, è perfettamente pagano. Questa tendenza è verificabile persino in campo religioso: è il mondo pagano che rinasce. Petrarca, che era cattolico, paragonava i poeti ai profeti e diceva che i poeti, come i profeti, avevano visioni meravigliose. Uno degli umanisti più famosi fu Bernardo Dovizzi, autore di opere immoralissime. Nel corso della sua sepoltura, un oratore lo salutò nella forma seguente: "Non investighiamo a quale punto dell'Olimpo ti innalzò in quadrighe d'oro la tua immortale virtù, ma quando percorrerai i mondi celesti, per vedere gli eroi, non dimenticarti di supplicare il re del cielo e tutti gli altri dei, che aumentino la vita di Leone degli anni che la morte impietosa strappò a Giuliano dei Medici e a te, se vogliono conservare il culto che loro si dedica sulla terra". Vedete come le cose andarono lontano, e come la mentalità rinascimentale era penetrata a fondo: quel Leone a cui l'oratore si riferisce è Papa Leone X. Per fare un elogio al Papa, l'oratore o include in tutta questa mitologia. Se un oratore pagano dell'antichità avesse dovuto fare un discorso ad una sepoltura, avrebbe detto più o meno le stesse parole che furono dette da un oratore, in fin dei conti, ancora cattolico!

Secondo quanto commentò un profondo storico, "in quel tempo si trovava molto naturale che i pastori mescolassero ai loro canti vicini al presepio in cui giaceva il Salvatore del mondo, versi della Quarta Ecloga di Virgilio, così come che il poeta attribuisse a Dio i tratti di Giove, all'arcangelo Gabriele le virtù di Mercurio, e alla Vergine Maria le qualità di Diana, e che, cosa ancora peggiore ai nostri occhi, li designasse direttamente con nomi gentili (...)". Questo produce nelle anime un formidabile scostamento interiore.

A un grande pittore italiano del Rinascimento fu chiesto una volta un S. Giovanni Battista per una Chiesa. Nel giro di tre giorni il pittore presentò il quadro. Come aveva potuto dipingerlo tanto rapidamente e in modo così completo? Il fatto è che la tela era già pronta. Si trattava di un quadro del dio Bacco, che l'artista si era limitato ad alterare un poco, collocandovi le insegne di san Giovanni Battista. Quel Bacco che fa le veci di S. Giovanni Battista è davvero un simbolo del paganesimo che stava risorgendo. Erasmo da Rotterdam, una delle figure più salienti dell'Umanesimo, continuava ad esclamare: "Oh! san Socrate, pregate per noi!". Pur essendo monoteista e, di conseguenza, non adorando gli dei pagani, per tentare di sfuggire alla morte disse di avere fiducia in tutti gli dei. Eppure Erasmo, che era un chierico cattolico, aveva per Socrate un tale entusiasmo che lo onorava come un santo.

Sempre Erasmo diceva: "Tutte le volte che leggo un discorso di Cicerone, bacio il libro e venero il suo spirito santo e pieno di ispirazione divina". Questo si fa col Santo Vangelo! Erasmo dimenticava che questo rito è cattolico e lo usava in relazione a Cicerone, di cui, dal punto di vista morale si dovrebbero dire tante cose.

Pico della Mirandola è una delle figure più caratteristiche del periodo rinascimentale. Egli aveva in casa sua un altarino a Platone, davanti al quale teneva una lampada accesa; ma siccome era cattolico e non voleva dimenticarsi di ciò, teneva, in un'altra stanza e col permesso dell'autorità ecclesiastica, il Santissimo Sacramento. Davanti al Ss.mo teneva accesa una lampada identica a quella collocata dinanzi all'immagine di Platone.

Lo spirito naturalista. La concezione dell'uomo medievale era basata sull'idea dell'esistenza di un'altra vita e di un ordine superiore di cose; al contrario nel Rinascimento troviamo l'assenza quasi completa di qualunque aspetto soprannaturale. Invece di cercare un ordine di cose trascendente, l'uomo del Rinascimento considera solo ciò che può vedere e sentire in modo naturale.

 La ragione degli uomini di fronte al soprannaturale o si appassiona molto, o si irrita molto: la caratteristica dell'uomo orgoglioso è di non volerlo accettare, e, evidentemente, quando l'uomo si abbandona ai piaceri della vita, facilmente rifiuta il soprannaturale in tutte le sue manifestazioni e vi sostituisce il dominio della ragione. Infatti, l'attitudine contraria esige da lui lotta e sforzo, cosa che lo infastidisce profondamente: diventa allora un naturalista.

Il Beato Angelico, quasi a dimostrare questa tesi, sebbene vivesse in pieno Rinascimento italiano, può essere considerato un artista medievale. I suoi dipinti mostrano persone imbevute di una luce, di un chiarore, di una statura morale, che non incontriamo nella vita reale e che ci parlano di un ordine trascendente. La stessa cosa si nota nella scene scolpite sui portali delle cattedrali medievali, dove c'è una notevole preponderanza dell'anima sulla materia. Nelle opere d'arte del Rinascimento troviamo qualcosa di molto diverso. Tutto ci parla solo di questa vita e della natura. Descrizioni molto fedeli ma senza interpretazione, solo questo: la natura e niente più. Se analizziamo una figura umana, una "Madonna" di Raffaello per esempio, notiamo lo stesso fenomeno: ella personifica una signora molto amena, dotata di un eccellente genio, di costumi molto puri, dal tratto gradevole, ma ciò nonostante, non abbiamo l'impressione di un essere celeste: il dipinto ci dà l'idea di una splendida persona, ma di questa terra. Nel "Mosè" di Michelangelo, vediamo lo stesso fenomeno: la scultura ci presenta un possente italiano, intelligente e capace, che emana un'enorme personalità. Ma nulla ci fa sentire il Mosè della Bibbia, l'uomo che bagnò i suoi occhi in un chiarore soprannaturale e che ebbe contatto con un ordine che trascende l'uomo.

Razionalismo e superstizione. Andremo ora a constatare come in questa "epoca di cultura" rinacquero antiche superstizioni, e come davanti ad esse si reagiva con estrema condiscendenza. Gli spiriti razionalisti, che cominciavano ad apparire in quel tempo, combattevano uniti tutte le "superstizioni" del medioevo ("riminiscenze barbare"), e nello stesso tempo attaccavano il culto delle reliquie e altre pratiche cattoliche che giudicavano egualmente superstiziose. Ma l'adorazione del mondo antico era in loro così profonda che dimenticavano di combattere le superstizioni dei greci e dei romani.

Dante, da alcuni considerato come un precursore del Rinascimento, sebbene per altri versi sia un autentico medievale, confidava nell'influenza del "destino", cioè di un fato che segnava inesorabilmente il futuro degli uomini. Era, pertanto, un fatalista, credenza che, come noto, era molto diffusa fra i popoli antichi. L'unico tipo d'uomo che possiede una vera certezza a riguardo dei fini ultimi della sua esistenza, del senso della vita e della ragione d'essere di tutte le cose, è l'uomo che ha Fede, e Fede soprannaturale, cattolica, apostolica e romana. Quando l'uomo ha Fede scansa i dubbi ed è capace di certezze: quando manca la vera fede è incapace di far questo.

Nel Rinascimento la Fede subì un notevole infiacchimento. Quello che i rinascimentali persero dal mondo della fede, finirono col perderlo anche nel campo della certezza a riguardo di tutte le questioni della vita. Cominciò a formarsi in essi il corollario necessario della perdita della fede: la perdita di convinzione e di fiducia nella ragione.

Quando una persona è immersa nei piaceri della vita ma comincia ad esserne satura, tutto le pare orrendo, monotono, senza spiegazioni: comincia a trovare necessari altri orizzonti ed altre soddisfazioni. Non trovando più significato nel suo modo di vivere, patisce delle crisi di disperazione che sfociano da un lato nel razionalismo e dall'altro in una corrente che non ha più fiducia nella ragione e che non è razionalista, ma cerca nelle esperienze mistiche quelle certezze di cui ha bisogno lo spirito umano. Comincia allora la ricerca di un'esperienza mistica che possa dare quella certezza che la fede non dà più.

In conseguenza di questo itinerario, nel Rinascimento cominciarono a fiorire la magia, la negromanzia, l'invocazione degli spiriti. In questo periodo lo stregone era la necessaria appendice di tutta la Corte: questa aveva sì il suo cappellano, ma si vantava di avere anche l'astrologo; fra i suoi onsiglieri un re aveva i teologi ma anche i maghi e molte contese venivano risolte ordinando di uccidere delle figurine di cera nei laboratori dei maghi di corte.

Il famoso astronomo Keplero, confidava nelle stregonerie e la sua principale risorsa economica era costituita dagli almanacchi che scriveva, pieni di predizioni sul futuro ricavate da segni nel cielo. Francesco Bacone, non solo confidava nella comune superstizione astrologica, ma contribuiva anche ad irrobustire la credenza nella stregoneria. Questi erano gli uomini che combattevano la barbarie medievale.

Cinismo intellettuale. Il razionalismo condusse ad una sorta di dissoluzione intellettuale che provocò una specie di cinismo nei confronti di tutti i temi della Fede e di quelli che hanno relazione con la verità e l'errore. Lo scrittore di quegli anni è cinico, senza principi, non crede forse nemmeno a quel che dice e scrive, è caratterizzato dall'abusare della parola. Da questo punto di vista si assiste quasi a una completa decadenza dell'intelligenza dell'uomo.

 Alcuni esempi sono caratteristici. Ci fu un certo Sebastian Brandt che faceva l'apologia dell'Immacolata Concezione. Adam Werner lo difendeva ardentemente e difendeva questo dogma; ma poi Werner, solo a causa di un litigio con Brandt, si trasformò in un ardente nemico dell'Immacolata Concezione ed iniziò a scrivere per di dimostrare che era falsa. Petrarca nelle sue opere elogiò la solitudine come la cosa migliore che ci sia, ma nella vita pratica ebbe il terrore della solitudine. Benchè elogiasse molto la semplicità degli antichi romani, aveva molti cavalli e molti dipendenti; era un uomo invidioso, in particolare di Dante; diceva che il desiderio di diventare immortale era una specie di malattia che lo perseguitava in tutte le ore della sua vita.

Tristezza, conseguenza della mancanza di serietà. L'uomo rinascimentale era ancora molto vicino al medioevo, ed aveva nel suo subcosciente e nei suoi abiti mentali, moltissime concezioni medievali. Ma a fianco di questo substrato medievale, egli aveva qualcosa di nuovo. Se c'era qualcosa che distingueva l'uomo medievale era la serietà, conseguenza degli alti orizzonti aperti dalla Fede. Al contrario, l'uomo rinascimentale, invece di cercare una vita equilibrata, ordinata, diretta ai fini ultimi, era assetato di risa, sghignazzate, piaceri, divertimenti, allegria, senza la preoccupazione del dovere, senza l'idea di un Dio, di un cielo e di un inferno.

Questo rilassamento, questo distacco da un fine ultimo, questa mancanza di gravità sembra essere la nota più importante del Rinascimento. Vediamo perciò che i personaggi rinascimentali, nelle descrizioni, nelle stampe, nei dipinti e nelle sculture che essi stessi compongono, appaiono come uomini sempre allegri, sempre soddisfatti, olimpici e spensierati. È esattamente l'opposizione che c'è fra l'uomo olimpico e l'uomo cristiano. Questa visione ottimista della vita ridondava nel gusto permanente al piacere e nella necessità di divertirsi in continuazione.

La rappresentazione perfetta dell'uomo olimpico è il Re Francesco I di Francia: alto, ben formato, simbolo dell'ottimismo e della sghignazzata, con atteggiamento sempre simpatico, continuamente ben disposto nei confronti della vita. È l'opposto del suo antenato S. Luigi, anch'egli ben dotato, ma molto grave, serio, casto, ameno nel tratto, e senza nessuno di quegli ottimismi superficiali propri dei rinascimentali.

Tutte le volte che l'uomo cerca ansiosamente l'allegria nasce la tristezza dentro la sua anima, quella tristezza pesante e oscura che lo divora, che pesa e lo lascia avvilito. In un certo senso il rinascimentale è un liberale: i suoi costumi e le sue idee sono liberi. Ma a fianco di questo aspetto liberale e allegro, notiamo nel rinascimentale il contrario, ossia il nascere fianco a fianco, di due stati d'animo che progrediscono: dapprima l'allegria sbracata, poi, l'altra faccia dell'umanità, che è la tristezza disperata, inseparabile dall'allegria disordinata.

Questa tristezza si può osservare in due uomini tipici del Rinascimento: Michelangelo e Leonardo da Vinci. Principalmente Leonardo, un uomo tenebroso e ipocondriaco, amava il vivere interamente solo, melanconico, pessimista, triste e immerso nella disperazione. I personaggi di Michelangelo, in generale, sono olimpici per statura, ma non per allegria: sono personaggi tristi. E la tristezza cominciò ad apparire nell'arte, sotto la forma pagana delle Furie, dei ciclopi sconfitti, degli eroi schiacciati, dei grandi abbattuti che vogliono distruggere tutte le cose. Cominciarono ad apparire anche certe canzoni e certe poesie di una tristezza che presto scivolava nel lugubre e nel disperato.

Il desiderio di godere la vita. Quando l'uomo si colloca in un'ottica esclusivamente naturalista, escludendo completamente il trascendente, i valori soprannaturali e la vita eterna, ha due alternative: o la vita gli diventa insopportabilmente penosa oppure si ingolfa interamente nei piaceri. Smettendo di credere in un fine ultimo, l'uomo certamente scivola nell'immoralità. Ci sono molti modi di godere la vita. Le persone allegre, dotate di buon umore, lo fanno col tamburello in mano; quelle melanconiche e lunatiche realizzano questo desiderio attraverso una vita in cui il pianto e i lamenti giocano un ruolo importante. Pertanto, di fianco alla maniera folle di godere la vita, c'è la scuola dei piangenti, di coloro che si compiacciono nella considerazione sciropposa e indefinibile dei dolori, che loro stessi ingrandiscono. Nel Rinascimento troviamo il gusto per il dramma, non solo nel carattere tanto imbronciato di Michelangelo, ma anche in quello tragico di Leonardo da Vinci.

L'uomo ideale secondo lo spirito dell'epoca. Nel Rinascimento si amava pensare, giudicare, comparare, ma, al contrario del medioevo, non lo si faceva più per conoscere la verità, ma per il piacere di fare ragionamenti brillanti, di dire belle frasi, di fare delle gradevoli escursioni su un ordine di cose più elevato. Il pensiero era visto come una fonte di divertimento. Ed anche in questo fu un sintomo della decadenza.

Sorse allora il "bello spirito", che non era l'uomo saggio, conoscitore della verità, ma lo spirito rutilante, che arricchiva la sua anima con la conoscenza di molte cose: egli non aveva più il desiderio di conoscere la verità.

Inoltre, la concezione naturalista non si restringeva solo allo spirito. Anche fisicamente il rinascimentale doveva essere un uomo perfetto. Non si ammetteva un eroe malato. Era necessario che avesse una salute di ferro, una costituzione splendida, che fosse un ottimo cacciatore, corresse per ore e abbattesse i cinghiali come se fossero formiche. Se, scendendo dal cavallo, avesse incontrato una dama, avrebbe dovuto farle una riverenza e cantare un madrigale. Passando poi davanti ad un'anfora antica, avrebbe dovuto improvvisare un verso sul tema. E ancora, che banchettasse, si alzasse da mensa e andasse a ballare come se non avesse mangiato alcunché. Infine che la notte dormisse un sonno disteso come se di giorno avesse avuto una giornata tranquilla. Ecco il tipo classico del rinascimentale: grandi cacciatori, guerrieri eccellenti, splendidi ballerini, ottimi conoscitori di ogni specie di letteratura. Il tipo del rinascimentale è brillante, intelligente, buon conversatore, che ha nella vita un obbligo al riso permanente. Di questo sono pieni i quadri che il Rinascimento ci ha lasciato,: un atteggiamento superiore, eminente, sdegnoso e ottimista rispetto alla vita, unito ad un aspetto piacente che riflette il godere di questa terra. Naturalmente, in mezzo a tutto questo, si estinse l'idea della santità: gli uomini hanno valori che ritengono loro ideali, e i tipi rappresentativi della società, invece di essere i santi, divennero le persone dotate di quella che l'uomo rinascimentale chiamava "virtù" e che più tardi si chiamerà "onestà". La virtù, come era da loro intesa, non era quella dell'uomo che cammina verso il suo vero fine, ma di quello che è capace di vincere le grandi corride della vita.

Sul piano politico questa mentalità generò l'assolutismo. Il Re "olimpico" non si sentiva obbligato a difendere i diritti dei suoi sudditi, ma era proprio lui l'uomo che schiacciava tutti gli altri facendo così scomparire anche l'idea dell'autentica fraternità fra le nazioni cristiane.

continua...


Come per il cristiano non esiste una filosofia a sé stante,
così non esiste per lui neppure una Storia puramente umana...
la Storia rappresenta il grande palcoscenico sul quale si dispiega nella sua interezza
l'importanza dell'elemento soprannaturale,
sia quando la docilità dei popoli alla fede consente a tale elemento di prevalere
sulle tendenze basse e perverse presenti nelle nazioni come negli individui,
sia quando esso si indebolisce e sembra sparire a causa del cattivo uso della libertà umana
che porterebbe al suicidio degli imperi...

(Dom Prosper Gueranger O.S.B., Abate di Solesmes)

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