domenica 1 gennaio 2012

Beni dell'anima nella vita popolare

Il Museo Nazionale di Arte Antica in Portogallo conserva, fra tante preziosità, il Presepio di São Vicente de Fora, realizzato da Joaquim Machado de Castro (sec. XVII). Riproduciamo nella foto un dettaglio di quest’opera: i pastori venuti ad adorare il Bambino Gesù.
Benché l’intenzione dello scultore sia stata quella di rappresentare la gente della campagna della Giudea all’epoca della Nascita del Signore, vestita di cenci come molte volte lo erano i pastori nell’Oriente, i tipi umani, le fisionomie, i gesti, gli atteggiamenti che l’autore ha fissato nella sua opera corrispondono alle persone dell’ambiente che lo circondavano, cioè, al buon piccolo popolo della campagna del Portogallo nel settecento.



Nell'osservare a prima vista questa scena, chiunque potrebbe avere una sensazione di disordine. Siamo ormai abituati alle masse incolonnate e senz'anima delle grandi città moderne, che vediamo gremire silenziosamente i cinema, o attraversare con aria cupa e frettolosa i crocevia, quando il fischio di un poliziotto o un semaforo ferma il traffico dei veicoli per lasciarle passare. Sono moltitudini senza anima e standardizzate, che nelle grandi manifestazioni applaudono all'unisono come se fossero una sola entità, un solo e immenso soggetto nel quale le persone si disciolgono come gocce d’acqua nel mare.

In una tale prospettiva, questo gruppetto di personaggi causa meraviglia. Avendo tutti ascoltato il messaggio angelico, sono andati di corsa al Presepio. Anche il cane, in primo piano, va di fretta. Però in ogni figura la nota personale è così peculiare, che il gruppo ha, nel suo insieme, qualcosa di frizzante e di caotico. 

Infatti, ogni fisionomia, ogni modo di camminare o di correre, esprime una reazione interamente personale a confronto della Buona Novella. I due ragazzini davanti sembrano semplicemente mossi dalla curiosità: è la spensieratezza reale, e tante volte eccessiva, della loro età. A destra, un campagnolo già più maturo, con gli occhi aperti e luminosi di gioia, ha una fisionomia intelligente e sembra intuire con molto discernimento la portata del grande avvenimento. In mezzo, un anziano con un cappello a grande tesa alzata, alza la voce e piange di emozione. In fondo, un personaggio col cappuccio e la barba bianca, nel contempo veloce e meditativo, si mostra profondamente colpito.



Ogni anima, in questo gruppo di lucidi analfabeti, rappresenta un mondo interiore dal quale zampilla l’espressione di una personalità vigorosa. Ignoranti, analfabeti, loro non sono stati sottomessi ai terribili processi di standardizzazione della civiltà meccanica del nostro secolo. Non hanno il pensiero imposto dai medesimi giornali, la sensibilità modellata dal medesimo cinema, l’attenzione soggiogata tutto il giorno dall’attrazione magnetica della radio e della televisione. E questo ci fa ricordare il brano mirabile - e mai citato abbastanza — di Pio XII su "popolo e massa": "Popolo e moltitudine amorfa o, come suol dirsi, massa, sono due concetti diversi".
Il popolo vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ciascuno dei quali - al proprio posto e nel proprio modo - è una persona consapevole delle proprie responsabilità e delle proprie convinzioni. La massa, invece, aspetta l'impulso dal di fuori, facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gli istinti o le impressioni, pronta a seguire, a volta a volta, oggi questa, domani quell'altra bandiera. Dalla esuberanza di vita d'un vero popolo la vita si effonde, abbondante, ricca, nello Stato e in tutti i suoi organi, infondendo in essi, con vigore incessantemente rinnovato, la consapevolezza della propria responsabilità, il vero senso del bene comune" (Radiomessaggio di Natale 1944). 

Plinio Corrêa de Oliveira - “Catolicismo”, Maggio 1960.

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