giovedì 17 luglio 2014

Impero asburgico, bersaglio principale delle forze distruttrici

La prima Guerra mondiale segna la fine del vecchio ordine temporale in Europa, costruito lungo due millenni nello spirito del Cristianesimo, sotto l’influsso della Chiesa di Roma, la quale, sin dall’antichità, aveva formato la società europea attraverso la sua opera missionaria ed evangelizzatrice. La Chiesa ha cristianizzato e plasmato la cultura dell’Impero romano e poi quella dei popoli germanici, soprattutto attraverso l’ordine benedettino, che ha contribuito in larga misura alla Civitas christiana.


A seguito dell’opera politica di Carlo Magno (748-814), si profilò, nel Medioevo, un nuovo Impero occidentale. Per merito di una “translatio imperii”, si generò un Sacro Romano Impero ormai direttamente consacrato dai Papi, persino attraverso un rito liturgico di incoronazione ecclesiastica. La vecchia Europa, dunque, ha tratto il suo carattere politico e sociale da due elementi: dall’idea di un impero romano ed europeo, e dal Cattolicesimo. Due elementi uniti intrinsecamente in una sola concezione della civiltà cristiana in terra.


Il vecchio ordine europeo, rappresentato in modo imperfetto ma reale da tre grandi potenze a carattere monarchico, Russia, Germania e Impero austriaco, era incarnato soprattutto da quest’ultimo, visto che esso solo riuniva quelle due componenti centrali: l’idea (ed anche la provenienza storica in senso giuridico e politico) dell’Impero di Carlo Magno e la Fede cattolica professata effettivamente. La dinastia regnante, la casa degli Asburgo (o Asburgo-Lorena), originaria dal Sud dell’Impero romano-tedesco, continuò la tradizione inaugurata da Carlo Magno di rappresentare e attuare l’unità politica e religiosa dell’Europa.


Gli Asburgo hanno svolto con grande coscienza quel compito religioso e politico che è definito “Reichsidee”, “l’idea dell’Impero”, il mandato cioè di salvaguardare la purezza della Fede, di difendere la Chiesa e di propagare l’unità politica dell’Occidente cristiano. Sin dall’assunzione alla dignità di Re di Germania e di Imperatori romani, la Casa d’Asburgo si è insediata in Austria, paese con il quale sarà per sempre identificata e che diventerà pertanto anche il sinonimo per quella che si potrà chiamare la “missione” del casato d’Asburgo: incarnare e promuovere una visione internazionale del corpo politico, cioè un ordine temporale oltre i confini nazionali, il cui unico criterio doveva essere la Fede degli Apostoli.

L’identificazione dell’Austria con la vocazione imperiale e cattolica della dinastia d’Asburgo sarà potenziata lungo i secoli dall’opera efficace prestata dagli stessi Asburgo all’Europa cristiana in occasione delle minacce più drammatiche contro l’unità politica e religiosa dell’Occidente, come, ad esempio, il nascente nazionalismo. La tipica politica internazionale asburgica dei matrimoni valeva l’acquisto di regni interi in maniera pacifica; in tal modo, la congiunzione politica fra questi regni tramite legami dinastici realizzava la formazione dell’ordine internazionale preordinato dall’idea dell’Impero.

La stessa “missione imperiale” si palesava nella politica asburgica di difesa dell’Occidente nei confronti dell’invasione musulmana e culminava con la lotta contro l’eresia protestante. Allo stesso tempo, gli Asburgo resero un servizio senza paragone alla diffusione della religione cristiana con la scoperta e la cristianizzazione dell’America e di altri continenti. Saranno sempre gli Asburgo, come imperatori, ad opporsi con veemenza alle tendenze volte a sciogliere la tradizionale concezione romana e cattolica dell’Europa. Essi si manifestarono ancor più avanti nella storia, a seguito della Rivoluzione francese, quali veri e propri campioni di quella causa che ormai si poteva chiamare il “partito antirivoluzionario d’Europa”, prestando il loro alto patronato all’attività politica del cancelliere dell’Impero austriaco, il principe Metternich (1773-1859), il maggiore avversario, nell’Ottocento, di ogni mossa rivoluzionaria e della massoneria.

All’alba della prima Guerra mondiale, l’Austria non deve più confrontarsi con la minaccia musulmana né con il protestantesimo, bensì con una nuova forma di liberalismo e di egualitarismo che, pilotato dalle logge massoniche, vede nell’istituzione politica della monarchia in genere, e nell’Impero austriaco in particolare, il maggiore nemico del loro progetto politico e ideologico per l’Europa, radicalmente democratico e laicista.

Si può dire che, sebbene le tre grandi potenze monarchiche fossero il bersaglio dei rivoluzionari, il nemico par excellence era l’Impero austriaco e la dinastia d’Asburgo. Di fronte al socialismo e al comunismo, che imponevano, al pari del nazionalismo, l’esaltazione dello Stato, del potere astratto e totalitario, l’Austria si presentava come l’erede più autentico del vecchio ideale di società cristiana.

Scriveva, a questo proposito, il dottor Plinio Corrêa de Oliveira: “Maturava in me l’idea che l’Austria fosse il paese d’Europa ad avere conservato più resti della società organica, più spontaneità, meno dominio dello Stato e, in una parola, più anima. […] Essa [l’Austria] era ancora il sacro Impero romano-tedesco, e mi si presentava come nazione princeps nell’Ordine politico-religioso”.

E, nella stessa pagina: “Nei paesi governati dagli Asburgo, l’Ordine politico e sociale vigente mi pareva aver attinto la sua piena espressione religiosa, in una sacralità molto marcante, inerente al potere temporale, che io non ho trovato in altre nazioni nella stessa misura e nello stesso significato. Non conosco una cerimonia ufficiale di nessun paese, dove i signori e le signore, andando per strada durante un corteo funebre, in un certo momento si scambiassero segni di reverenza e si salutassero. Mi sembrava che questo bagliore di civiltà cristiana, animata dalla Fede, splendesse in Austria in maniera straordinaria come in nessun altro paese, compresa la Spagna”.

La prima Guerra mondiale scoppiò proprio a causa delle provocazioni rivolte contro la dinastia asburgica, culminante nell’assassinio terrorista dell’erede al trono Francesco Ferdinando nel 1914 da parte di gruppi nazionalisti serbi. La guerra si concluse con la caduta della medesima dinastia, voluta ed orchestrata in maniera sistematica da varie istituzioni, animate dall’odio contro l’idea dell’Impero rappresentata dalla Casa d’Austria.

Infatti, non solo il presidente americano Wilson (1856-1924), noto massone, era determinato ad eliminare la tradizionale potenza cattolica del centro Europa, ma anche il primo ministro francese Clemenceau (1841-1929) si distinse per la medesima insistenza, essendo anch’egli membro della massoneria, della sua frangia più radicale, il Grande Oriente francese.

Clemenceau (sin.) e Wilson

Potrebbe sorprendere tale accanimento contro la monarchia austro-ungarica, dato che essa aveva perso già da tempo il vigore dei suoi principi cattolici e l’idea dell’Impero romano, tali quali erano pervenuti sin dal Medioevo. Gli stessi Asburgo non erano più la dinastia più reazionaria d’Europa; lo erano piuttosto le famiglie borboniche della vecchia Italia, ormai decadute dal potere, quali i Duchi di Parma o i Reali di Sicilia, oppure i Carlisti spagnoli, che si contraddistinguevano per la loro mentalità fortemente antirivoluzionaria.

Gli Asburgo d’Austria, invece, per il semplice fatto di aver mantenuto il potere lungo il XIX secolo, così tormentato politicamente ed ideologicamente, hanno assunto una mentalità di compromesso e di cedimento nei confronti dei tempi moderni, per mantenere in contraccambio la continuità sul trono. Il loro Impero si può paragonare, fino a un certo punto, con le monarchie che fino ad oggi mantengono il potere al prezzo di transigere sui principi morali e la dissoluzione della cultura cristiana. Basti pensare alla monarchia inglese la quale, nonostante abbia conservato il suo cerimoniale tradizionale, ha capitolato in larga misura nei confronti della rivoluzione sociale e morale dell’Europa.

Sebbene la casa regnante d’Austria non abbia, certo, mai mostrato cedimenti in tal misura, dall’estinzione della dinastia asburgica vera e propria e dal successivo avvento della nuova dinastia di Lorena, creata dal matrimonio dell’ultima discendente di Casa d’Asburgo Maria Teresa (1717-1780) con il duca Francesco Stefano di Lorena (1708-1765), noto frammassone, aveva ormai largamente abdicato alla missione di difendere e promuovere il regno di Cristo sotto la guida della Chiesa di Roma (fede asburgica nota nella storia come “pietas austriaca”), a profitto di una mentalità più pragmatica e ridotta alla fattibilità “razionale”, tipica dell’illuminismo settecentesco che riduceva il profilo religioso alla pietà privata dei membri di casa d’Austria.

Nonostante ci sia stata, a seguito della Rivoluzione francese, la ripresa di una coscienza di reazione contro la modernità, essa già non era altro che una immediata resistenza e repressione dei movimenti più preocuppanti, senza il sostegno di una vera e propria base ideologica. Non proveniva più da una profonda convinzione spirituale e da una vera visione teorica del proprio ufficio politico.

Tale perdita progressiva del proprio carisma tradizionale si accentuò nel periodo antecedente la prima Guerra mondiale, sotto Francesco Giuseppe (1830-1916), salito al trono nel 1848. Nonostante la personalità credente ed essenzialmente conservatrice di Francesco Giuseppe, l’Impero e i valori che esso rappresentava si avviavano al declino. Già all’inizio del suo regno, nel 1854, il giovane imperatore rifiutò di partecipare alla guerra contro gli Ottomani nel conflitto di Crimea (1853-56), rifiuto che pesò doppiamente. La Russia, come seconda grande potenza autocratica e antirivoluzionaria, perseguiva lo smembramento dell’impero musulmano in Europa, storico nemico del Cristianesimo. E aveva pure contribuito in larga misura alla salvezza della monarchia austriaca nella rivoluzione del 1848 contro le agitazioni in Ungheria.

Nel rifiuto di Francesco Giuseppe di contraccambiare l’aiuto russo si può individuare la radice della prima Guerra mondiale. La Russia si dichiarò nemica dell’Austria, portando il suo sostegno alle forze nazionaliste serbe. Infine, l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando fece scoppiare la guerra nella quale si videro, in effetti, nemiche le due grande potenze della reazione antiliberale in Europa.

Inoltre, dopo aver perso le guerre contro i nazionalisti in Germania e in Italia, Francesco Giuseppe dovette rivolgersi alla nuova classe industriale austriaca per ottenere il risanamento delle finanze dell’impero, compromesse a causa dei costi bellici. Non solo, dovette pure in cambio approvare la formazione di un nuovo governo sotto la guida del ministro Schmerling (1805-1893), rappresentante del filone liberale e borghese, il cui governo tosto procedette all’abolizione del concordato con Pio IX (con il pretesto che la santa Sede, a seguito del dogma dell’infallibilità papale, aveva “cambiato identità costituzionale”), cercando così di liberarsi dall’influsso della Chiesa cattolica nel settore educativo e sanitario.

Schmerling introdusse altresì la forma costituzionale nella monarchia con il sistema parlamentare, ormai dettato dal profilo ideologico dei nuovi partiti socialisti, liberali e nazionalisti. Francesco Giuseppe dovette, inoltre, accettare la divisione interna del suo Impero fra la parte ungherese, ormai indipendente da Vienna, e la parte austriaca, in lotta anch’essa contro le tendenze separatiste delle sue varie nazionalità.

L’esaurimento spirituale del vecchio Impero austriaco si concluse nell’ultimo periodo del regno di Francesco Giuseppe, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, segnato, a causa dell’industrializzazione, da un arricchimento e pertanto da una laicizzazione e mondanizzazione crescente della società, sempre meno pervasa dagli ideali della Chiesa cattolica. Quest’ultima fu, nonostante gli onori ad essa pubblicamente attribuiti da parte della Casa imperiale, ridotta ad una istituzione privata in mezzo alle altre religioni e anche apertamente attaccata e perseguitata da parte di intellettuali di stampo massonico. Lo stato non poté intervenire in tali conflitti vista la sua neutralità confessionale. Lo stesso imperatore insistette alla vigilia della Grande guerra che fossero nominati, e anche retribuiti ufficialmente da parte del ministero della guerra dell’Impero, gli imam per essere, a pari titolo delle cappellanie cattoliche, curati d’anime dei soldati di religione musulmana nell’esercito di sua Maestà.

Ci si chiede perché mai le forze della modernità, dagli Stati Uniti fino alla carboneria italiana, si siano ostinate nello sterminare proprio la monarchia austriaca. La ragione potrebbe essere che, nonostante quei fatti incontestabili di una decadenza spirituale degli ideali imperiali, la monarchia asburgica conteneva ancora tanta sostanza della sua eredità passata. Non solo i principi dell’Occidente cristiano permeavano grandi ceti della società, sia in campagna sia a Vienna, ma l’Impero in quanto Impero, non il suo “nimbo”, la sua “leggenda”, ma la sua potenza reale dimostrava ancora un gigantesco edificio di forza europea della Tradizione.

Lo si può paragonare alla Chiesa cattolica di oggi la quale, nonostante le sue infinite difficoltà e ferite, esterne e interne, è comunque ancora la istituzione al mondo che incarna realmente i valori del Cristianesimo, in maniera molto più essenziale ancora dell’Impero di Francesco Giuseppe. Ma anche quest’ultimo mostrò, nei suoi ultimi anni, il suo servizio valoroso che contribuì alla vittoria del Cattolicesimo contro le forze del liberalismo quando, nel memorabile conclave del 1903, grazie al suo storico “veto”, riuscì a bloccare l’ascensione al soglio pontificio del cardinale Rampolla (1843-1913), sospetto di simpatie moderniste, e provocò in tal modo indirettamente l’elezione di san Pio X (1835-1914), vero confessore della Fede cattolica.

Si può pertanto immaginare la presenza dell’Impero austriaco nell’Europa del 1914 come l’ultimo grande testimone della millenaria civiltà cattolica e romana in campo temporale, fortemente segnato dalla crisi ideologica ma comunque imponente per tale sua eredità spirituale. Il suo ruolo era di contraddire il progresso della rivoluzione alla maniera di un vecchio colosso inerte e passivo, ma proprio per questo efficace, che induceva gli architetti della nuova Europa a controbattere in particolare la Casa d’Austria.

Un simbolo espressivo di tale posizione dell’Austria-Ungheria furono i funerali dell’imperatore Francesco Giuseppe nel 1916 a Vienna, l’ultima grande manifestazione di quella bellezza antica e morente, ormai fragile ma certamente gloriosa. Meditando su quella cerimonia, che all’epoca vide al cinema, Plinio Corrêa de Oliveira espresse la concezione mistica di quell’Impero grandioso con le seguenti parole: “La maniera in cui questi militari sfilavano e, di tanto in tanto, si salutavano e facevano attenzione gli
uni agli altri, mostrava un misto di dignità ieratica, di vivacità giovanile e di senso storico, come se provenissero da altri tempi… Ho avuto l’impressione che una tradizione secolare, una forza militare ed una eleganza da passo di danza si fossero unite, per ispirargli tutta la movimentazione e l’attitudine, in un alto rispetto di se stessi e nella coscienza di possedere una missione speciale al cospetto di Dio. […] Intanto, quello che ammirai in quel corteo fu, soprattutto, la maestà, tenendo in sé l’alleanza fra la nota aristocratica e monarchica, la nota sacrale e cattolica e la nota militare. Tre aspetti che coesistevano magnificamente e che mi lasciavano incantato”.

Don Marc Hausmann











Nessun commento:

Posta un commento