lunedì 2 ottobre 2017

Intervista: Fatima, TFP e perestroika

Nel 1990 l’URSS si avviava verso la dissoluzione. 
Un po’ come succede oggi con la figura di Vladimir Putin, 
diverse voci acclamavano Mikhail Gorbaciov 
e la sua politica di perestroika come segno di conversione della Russia, 
secondo quanto aveva promesso la Madonna a Fatima.

In quell’occasione il mensile romano “30 Giorni”, 
alfiere di tale posizione, intervistò il prof. Plinio Corrêa de Oliveira.


Nel marzo 1990, il mensile 30 Giorni dedicò un ampio servizio al messaggio di Fatima e al suo ipotetico legame con gli accadimenti oltre la Cortina di Ferro: cfr. Stefano M. Paci, Miracolo all’Est? E la Vergine promise, in 30 Giorni, anno VIII, n. 3, marzo 1990, pp. 6-14, cui si legava l’editoriale dello stesso numero, Il segreto di Fatima e l’apostasia nella Chiesa, a p. 3.

Nel servizio venivano riferite opinioni di persone a diverso titolo interessate al tema, fra cui il professor Plinio Corrêa de Oliveira, fondatore e presidente del Consiglio Nazionale della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade, la TFP brasiliana. L’opinione del pensatore cattolico brasiliano è stata espressa all’interno di una lunga intervista da lui concessa — con l’ingegner Antonio Augusto Borelli Machado, membro della medesima associazione e autore dell’opera più diffusa al mondo sulle apparizioni e il messaggio di Fatima (1) — al redattore della rivista romana.

Il titolo, i sottotitoli, le note a piè di pagina e la traduzione dall’originale in portoghese sono redazionali (2).

La perestrojka e il messaggio di Fatima

Ritiene che i cambiamenti che avvengono nell’impero sovietico siano collegati all’apparizione della Madonna a Fatima e con la consacrazione della Russia che Giovanni Paolo II ha fatto nel 1984? Ritiene quella consacrazione valida? Se non la ritiene valida, come ritiene possano essere interpretati gli attuali avvenimenti all’Est?

Plinio Corrêa de Oliveira - La correlazione fra il messaggio della Madonna a Fatima e le trasformazioni che, a quanto pare, cominciano a verificarsi in Russia è evidente.

Le apparizioni di Fatima avvennero nel 1917, poco prima della caduta del regime zarista. Dopo la quale si è fatta particolarmente chiara l’affermazione — prima abbastanza oscura — secondo cui “la Russia [...] diffonderà i suoi errori nel mondo...”, come fu detto in occasione dell’apparizione del 13 luglio. Ed ecco che proprio gli errori del marxismo-leninismo hanno seguaci in tutto il mondo.
Il problema che gli attuali accadimenti della Russia potrebbero suscitare, relativamente al messaggio di Fatima, si potrebbe enunciare meglio nei seguenti termini: “Con il crollo del capitalismo di Stato, che Gorbaciov sta portando a termine, il comunismo scompare dalla Russia. Ed esso entrerà per forza in declino in tutto il mondo. In questo modo, il comunismo non sarà più un ‘errore della Russia’, e si porrà sulla strada di diminuire ovunque. La diffusione del comunismo, prevista a Fatima, sarà stata soltanto un lungo e doloroso episodio della storia ormai relegato nel passato. E la guerra mondiale, pure prevista a Fatima in collegamento con l’espansione comunista, non avverrà. Infatti Gorbaciov è uno dei grandi operatori mondiali della pace. Perciò Fatima non vale nulla”. 

Tutto questo ragionamento è vano. Si basa sull’idea falsa secondo cui il comunismo coincide con il capitalismo di Stato; perciò è infondata l’affermazione secondo cui, una volta distrutto questo, quello scompare.

In realtà, secondo la dottrina comunista, il capitalismo di Stato è soltanto una tappa nell’evoluzione storica verso il comunismo integrale, nel quale l’autogestione a tutti i livelli della società renderà superflua l’esistenza stessa dello Stato. È quanto dice il Programma del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nella sua nuova redazione approvata il 1° marzo 1986, già nell’era Gorbaciov: “Il comunismo significa la trasformazione del sistema di autogestione socialista del popolo, della democrazia socialista, nella forma superiore di organizzazione della società, l’autogestione comunista della società. Nella misura in cui saranno venute maturando le premesse socio-economiche e ideologiche necessarie, in cui tutti i cittadini saranno stati incorporati nella gestione, lo Stato socialista, come ha indicato Lenin, diverrà in una misura sempre maggiore, verificandosi le condizioni internazionali corrispondenti, la “forma transitoria dello Stato verso il non-Stato”. L’attività degli organi statali dovrà acquisire un carattere non politico e gradatamente scomparirà la necessità dello Stato come istituto politico specifico” (Edizioni dell’Agenzia di Stampa Novosti, Mosca 1986, p. 27) (3).

Questo è il significato autentico della demolizione del capitalismo di Stato, promossa da Gorbaciov. Lui stesso lo ha affermato in diverse dichiarazioni ampiamente diffuse dalla stampa e nel suo libro Perestroika (cfr. Harper and Row, New York 1987, pp. 36-37) (4).

L’autogestione, verso la quale avanza il comunismo, è semplicemente un comunismo di microsocietà, che diverranno sempre più numerose nella misura in cui si ridurranno le megalopoli.

Tutto questo può far sorridere il lettore, che immaginerà di cogliere nelle mie parole un espediente, forse abile, per “salvare” il messaggio di Fatima.

Tuttavia, ho previsto proprio questo, fondandomi sugli accadimenti politici del tempo, quando ho pubblicato la più recente edizione di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione». Eravamo nel 1976, e Giovanni Cantoni, con il quale mantenevo rapporti di recente amicizia, ebbe la gentilezza di chiedermi una prefazione per l’edizione della mia opera in lingua italiana. Questa edizione sarebbe stata lanciata da Alleanza Cattolica, che il mio amico dirigeva brillantemente. Invece della prefazione, inviai a Giovanni Cantoni, per la sua edizione, una nuova parte di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», la terza, che egli gentilmente accettò. Al lettore di queste righe basta consultare le pagine 175 e 190 del libro in italiano, oppure le pagine 64 e 71 dell’edizione brasiliana successiva all’edizione italiana:

[...] il successo dei metodi consueti della III Rivoluzione [il comunismo] è compromesso dal sorgere di situazioni psicologiche sfavorevoli, che si sono accentuate fortemente nel corso degli ultimi vent’anni. Queste condizioni forzeranno il comunismo a optare, da ora in avanti, per l’avventura?” (p. 175);

“Come è ben noto, né Marx, né la generalità dei suoi più famosi seguaci, tanto ‘ortodossi’ quanto ‘eterodossi’, hanno visto nella dittatura del proletariato la mossa finale del processo rivoluzionario. Secondo loro, essa è soltanto l’aspetto più compiuto, dinamico, della Rivoluzione universale. E, nella mitologia evoluzionista insita nel pensiero di Marx e dei suoi seguaci, così come l’evoluzione si svolgerà all’infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine. Dalla I Rivoluzione [il protestantesimo e il Rinascimento] ne sono già nate altre due. La terza, a sua volta, ne genererà un’altra. E così via...

“È impossibile prevedere, nella prospettiva marxista, come saranno la ventesima o la cinquantesima Rivoluzione. Però non è impossibile prevedere come sarà la IV Rivoluzione. Questa previsione l’hanno già fatta gli stessi marxisti.

“Essa dovrà essere il crollo della dittatura del proletariato in conseguenza di una nuova crisi, per cui lo Stato ipertrofizzato sarà vittima della sua stessa ipertrofia; e scomparirà, dando origine a uno stato di cose scientista e cooperativista, in cui — dicono i comunisti — l’uomo avrà raggiunto un grado di libertà, di uguaglianza e di fraternità fino a ora inimmaginabile” (p. 190).

Dunque, la Russia di Gorbaciov continua ad avanzare sulle vie del suo errore. Peggio: lo sta portando a perfezione e il messaggio di Fatima non è smentito, ma — al contrario — confermato. Infatti il new look gorbacioviano della perestrojka sta entrando nella simpatia dei borghesi di tutto il mondo molto di più di quanto non sarebbe riuscito a fare il comunismo.

Quindi, gli avvenimenti attuali all’Est potrebbero essere visti come il triste risultato dell’invalidità della consacrazione fatta da Giovanni Paolo II, secondo il giudizio di quanti considerano invalida tale consacrazione.

Il problema della consacrazione della Russia al Cuore Immacolato della Madonna

Antonio Augusto Borelli Machado - Il vescovo di Leiria-Fátima, S. E. mons. Alberto Cosme do Amaral, ammette che la consacrazione fatta da Giovanni Paolo II ha ottemperato alle condizioni imposte dalla Madonna — ovviamente il termine “valida” è assunto in questo senso nella domanda — perché, anche se non vi è stata una “totalità matematica” di vescovi che si sono uniti all’atto del Santo Padre, vi è stata — a suo modo di vedere — una “totalità morale”. Di fatto, ci consta, da informazioni raccolte qua e là, che vi sia stata un’adesione significativa di alcuni episcopati alla consacrazione fatta da Giovanni Paolo II. In che misura questo è accaduto relativamente a tutti gli episcopati del mondo? Non lo sappiamo. Ma, per quanto si riferisce al Brasile, ci consta che la consacrazione sia stata fatta da pochissimi vescovi, che si possono contare sulle dita di una mano. Oppure è stata tanto discreta, da parte di altri ancora, da non esser giunta a conoscenza del pubblico. Ebbene, l’episcopato brasiliano è, per numero, il terzo del mondo; e il Brasile è il paese con il numero maggiore di diocesi: nel 1983 ne aveva duecentotrentatrè.

Perciò, la dichiarazione di S. E. il vescovo di Leiria-Fátima relativamente a una “totalità morale” non ci convince. In ogni caso, se si esprime in questi termini, certamente lo fa perché ha dati concreti, e in questa materia nessuno deve essere meglio informato di Sua Eccellenza. Sarebbe molto confortante per i fedeli del mondo intero, e soprattutto per i devoti di Fatima, se questi dati fossero divulgati.

D’altro canto, per quanto si riferisce all’intenzione di Giovanni Paolo II di consacrare il mondo “con speciale menzione della Russia” — come richiesto dalla Madonna —, è noto che questa nazione non è presente nella formula della consacrazione. Ma il Pontefice ha incluso diverse circonlocuzioni, che possono essere intese come allusioni indirette. Così ha detto: “In modo speciale Ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle nazioni che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolarmente bisogno”. E più oltre: “La potenza di questa consacrazione dura per tutti i tempi ed abbraccia tutti gli uomini, i popoli e le nazioni”.

Forse sentendo che queste allusioni non erano sufficientemente esplicite, il Santo Padre inserì, all’ultimo momento — la frase non fa parte della formula inviata ai vescovi —, questa invocazione: “Madre della Chiesa! [...] Illumina specialmente i popoli di cui tu aspetti la nostra consacrazione e il nostro affidamento” (cfr. L’Osservatore Romano, 26/27-3-1984).

Si direbbe che, nell’ansia di arrivare il più vicino possibile alla formula richiesta dalla Madonna, il Pontefice andò tanto avanti quanto gli permettevano i condizionamenti della Ostpolitik vaticana. Infatti, si deve immaginare che una menzione esplicita della Russia sarebbe riuscita sgradita ai despoti del Cremlino.
Allora il problema si sposta: quando la Madonna ha chiesto una “menzione speciale della Russia”, questo significa che pretendeva una “menzione specifica”, oppure che si accontentava di allusioni più o meno chiare e indirette?

Si deve ricordare che, nella lettera apostolica Sacro vergente anno, del 7 luglio 1952, Pio XII ha consacrato al Cuore Immacolato di Maria “i popoli della Russia” (5). In questo modo, questo Pontefice sembra aver capito — come si è sempre inteso fino a ora — che era necessaria una menzione specifica.

Da quanto detto e sulla base dei dati a nostra conoscenza, siamo propensi a pensare che anche la consacrazione fatta da Giovanni Paolo II non abbia ottemperato ai requisiti stabiliti dalla Madonna a Fatima. Ma non tocca a noi sciogliere una questione per la cui spiegazione sono ben più competenti i Pastori, i teologi e gli storici della Chiesa e, evidentemente, più di chiunque altro, lo stesso Pontefice.

Suor Lucia avrebbe detto che la consacrazione è fatta. Ritiene che si tratti di una manipolazione delle sue parole?

Antonio Augusto Borelli Machado - La semplice ipotesi che le parole di suor Lucia vengano manipolate — da chi? — offende le orecchie pie, almeno da questa parte dell’Atlantico.

Abbiamo saputo che suor Lucia è passata a considerare “valida” — sempre nel senso di rispettare i requisiti posti dalla Madonna — la consacrazione fatta da Giovanni Paolo II il giorno 25 marzo 1984. Inoltre, sappiamo che viene diffuso il testo riprodotto di una lettera diretta a un’amica personale, nella quale analizza le diverse consacrazioni fatte precedentemente dai Pontefici — compresa quella di Giovanni Paolo II a Fatima, il 13 maggio 1982 —, che, per contro, ella considera “invalide” (6).

Sappiamo che vi è chi contesta l’autenticità di questa lettera, il cui stile sembra essere diverso da quello consueto di suor Lucia.

Evidentemente, non siamo in grado di chiarire questo imbroglio.

Ci sembra strano che, siccome si tratta di un argomento di enorme rilievo, e la veggente è ancora viva e gode buona salute, non le si chieda una dichiarazione con tutte le garanzie di autenticità. Sarebbe il modo più diretto di farla finita con qualsiasi manipolazione, se si verifica.

Chiaramente suor Lucia, per il semplice fatto di esser stata uno dei privilegiati veggenti di Fatima, non gode del carisma dell’infallibilità nell’interpretazione dell’elevatissimo messaggio che ha ricevuto. Perciò, ancora una volta, toccherebbe agli storici, ai teologi e ai Pastori della Chiesa analizzare la coerenza di questa nuova eventuale dichiarazione di suor Lucia con le sue dichiarazioni precedenti.

Quindi, una parola diretta di suor Lucia sembrerebbe più che mai opportuna.


 La TFP e il messaggio di Fatima

Perché il movimento TFP si sente particolarmente legato alla Madonna di Fatima?
Plinio Corrêa de Oliveira - La naturale brevità di un’intervista non mi consente di entrare nei molteplici meandri filosofico-storici e sociali su cui mi fondo, nel mio volume «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», per sostenere che la Rivoluzione — Umanesimo, Rinascimento e protestantesimo — e la IIª Rivoluzione — Rivoluzione francese — derivano da enormi peccati collettivi, non soltanto dal punto di vista intrinseco, ma anche da quello della quantità di anime che hanno trascinato con sé, e della vastità dei territori su cui si sono estese. Questo enorme peccato è sfociato ed è giunto al suo apogeo nella IIIª Rivoluzione, il comunismo. 
Quindi, se gli uomini non si convertono da questi peccati — fra i quali ricordo l’immoralità dei costumi, espressamente denunciata dalla Vergine —, bisognerebbe temere che le nazioni debbano soffrire un castigo proporzionato alla gravità di tale peccato.

Questo timore si fonda sull’affermazione di sant’Agostino che i peccati degli uomini spesso non vengono puniti in questa vita, perché lo saranno nell’altra. Dunque, pensa il grande Dottore, le nazioni non sono come gli uomini: nascono e scompaiono in questo mondo, e, quindi, per esse non vi saranno né Cielo né inferno. Così, devono scontare i loro peccati in questa vita. 

Come si può vedere facilmente, vi sono affinità fra il mio modesto lavoro e il contenuto del messaggio della Vergine.


"E vedemmo un Vescovo vestito di Bianco..."
(Terza parte del "segreto" di Fatima, del 13 luglio 1917)


1. Antonio Borelli Machado, «Fatima: Messaggio di Tragedia o di speranza?», Luci sull’Est, Roma 1991.

2. Tratto dalla rivista Cristianità, Piacenza, n. 180-181 (1990).

3. Cfr. Programma del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Nuova stesura, approvata dal XXVII Congresso del PCUS il 1° marzo 1986, trad. it., in “Urss oggi”, n. 5-6, 1/31-3-1986, supplemento, p. 24, in cui il termine samoupravlenie è tradotto come “autogoverno” anziché “autogestione”. Linea diversa non lascia intravvedere La piattaforma del CC del PCUS per il XXVIII congresso del partito. Per un socialismo umano e democratico (testo integrale del progetto approvato al Plenum del CC del PCUS del febbraio 1990) (trad. it., ibid., n. 3-4, 1/28-2-1990, pp. 19-44) quando afferma che “il PCUS contribuirà alla formazione ed allo sviluppo di comunità autogestite” (p. 30), e — al capo Lo Stato di diritto e la società autogestita — ribadisce che “i princìpi del socialismo e della democrazia possono essere incarnati e tanto più fedelmente e sicuramente, quanto più tutti i processi sociali verranno regolati dai mezzi economici e giuridici, quanto più si ridurrà gradualmente il bisogno di ricorrere alla coercizione dello Stato. La formazione di una società autogestita consentirà di rivelare il grandioso potenziale creativo del popolo” (p. 32). Questi elementi programmatici si situano all’interno del quadro costituito dallo Stato sovietico, il cui “fine supremo [...] è l’edificazione di una società comunista senza classi, nella quale riceverà sviluppo l’autogoverno sociale comunista”, e la cui politica estera “mira ad assicurare condizioni internazionali favorevoli alla costruzione del comunismo nell’URSS, la difesa degli interessi statali dell’Unione Sovietica, il consolidamento delle posizioni del socialismo mondiale, il sostegno della lotta dei popoli per la liberazione nazionale” (Costituzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche approvata dalla VII sessione (straordinaria) della IX Legislatura del Soviet Supremo dell’URSS il 7 ottobre 1977, con le modificazioni ed integrazioni apportate dalla Legge federale del 1° dicembre 1988, premessa e articolo 28, trad. it. del testo ufficiale pubblicato nelle Izvestija, 3-12-1988, pp. 1-2, in Paolo Biscaretti di Ruffìa e Gabriele Crespi Reghizzi, La Costituzione Sovietica del 1977. Un sessantennio di evoluzione costituzionale nell’URSS. Addenda. Modificazioni ed integrazioni apportate dalla legge federale del 1° dicembre 1988 e Decreto del Soviet Supremo dell’URSS Sulle modalità per l’entrata in vigore della legge dell’URSS riguardante “modificazioni ed integrazioni della Costituzione [legge fondamentale] dell’URSS”, Giuffrè, Milano 1989, pp. 8 e 14).
4. Cfr. Mikhail Gorbaciov, Perestrojka. Il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo, trad. it., Mondadori, Milano 1987, pp. 36-37.

5. Cfr. Pio XII, Lettera apostolica a tutti i popoli della Russia Sacro vergente anno, del 7-7-1952, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. 14, pp. 493-502.

6. Una lettera di questo tenore — con l’informazione secondo cui ne esistono almeno tre —, datata “Coimbra, 31-XI-1989”, è tradotta in 30 Giorni, cit., p. 13, sotto il titolo Esclusivo: parla la veggente di Fatima. La lettura di questo documento permette di rilevare un’evidente incoerenza: infatti, in esso si parla di una “menzione velata, ma che Dio ha ben compreso, della Russia” nella “consacrazione [...] fatta da Pio XII”, ma si lamenta il fatto che a tale consacrazione “è mancata l’unione con tutti i vescovi del mondo”, mentre — com’è noto — il testo di tale consacrazione contiene la menzione specifica della Russia; per contro, vi si afferma che “questa consacrazione così come la Madonna l’aveva chiesta [...] l’ha fatta l’attuale Pontefice Giovanni Paolo II il 25-3-1984, dopo aver scritto a tutti i vescovi del mondo, chiedendo che la facessero ognuno nella propria diocesi”, e nella valutazione della fattispecie si trascura l’assenza della menzione specifica della Russia — nonostante l’approssimazione allusiva segnalata da Antonio Augusto Borelli Machado e quella costituita dal richiamo dello stesso Papa Giovanni Paolo II all’atto compiuto da Papa Pio XII, che “ha affidato e consacrato al tuo Cuore Immacolato tutto il mondo e specialmente tutti i Popoli, che per la loro situazione sono particolarmente oggetto del tuo amore e della tua sollecitudine” (L’Osservatore Romano, cit.) —, per tacere del problema relativo alla “totalità morale” dei vescovi che hanno raccolto l’invito pontificio. La contraddizione rilevata e le voci correnti di manipolazioni — che tale contraddizione evidente contribuisce non poco ad alimentare — confortano la richiesta di Antonio Augusto Borelli Machado.






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